LA MARIOLOGIA NEL CONTESTO DEI SECOLI IX-X

Alfonso Langella

[pubblicato in Theotokos 16 (2008) n. 2, 4-14]

Con i secoli IX e X termina il periodo contrassegnato dagli storici come Alto Medioevo, che  in Europa vede riapparire e dissolversi più volte, dopo oltre tre secoli di lotte tra i nuovi regni barbarici e in un’inarrestabile decadenzasociale e culturale, il sogno dell’unità tra i popoli, realizzata questa volta nel nome del Cristianesimo. Prima la dinastia carolingia (800-888) poi, dopo il tempo dell’anarchia feudale, quella ottoniana (962-1002) tentarono di riportare in auge la gloria dell’Impero romano e costruire l’unità politica e culturale dell’Europa col cemento del Vangelo. Nel Cristianesimo del tempo la riflessione sulla figura della Vergine e la devozione nei suoi confronti acquistano – pur in continuità con la tradizione precedente – elementi nuovi, spesso suggeriti proprio dal contesto sociale.

1. La figura di Maria nel contesto della rinascita carolingia (IX secolo)

1.1. Il contesto storico

Il Sacro Romano Impero, fondato da Carlo Magno, incoronato imperatore a Roma da papa Leone III il 25 dicembre dell’800, sorse come il segno politico del rinnovamento culturale dell’Occidente (per la storia dell’impero carolingio cf. l’opera di vasto respiro, ancora valida, di H. Fichtenau, L’impero carolingio, Laterza, Bari 1958). Un cammino di rinnovamento che s’insabbierà lentamente sotto i successori di Carlo Magno: il figlio Ludovico il Pio (814-840) dovette a lungo combattere contro i suoi stessi figli, che dopo la sua morte, col Trattato di Verdun (843), sancirono la divisione dell’Impero: a Lotario († 855), che ebbe il titolo imperiale, fu assegnato il territorio che va dalla Mosa al mare del Nord (Lotaringia) e l’Italia settentrionale; a Carlo II il Calvo (843-877) la Francia, a Ludovico I (843-876) la Germania (poi anche la Lotaringia). Le lotte che seguirono nei decenni successivi videro di fatto la fine dell’impero carolingio con la morte di Carlo il Grosso, figlio di Ludovico I (888), che nell’877 emanò il capitolare di Quierzy, che sancì il principio dell’ereditarietà dei feudi maggiori e, di fatto, strutturò definitivamente il sistema feudale, massimo esempio dell’organizzazione particolaristica della società medievale.

La rinascita carolingia, per la verità iniziata già negli ultimi decenni dell’VIII secolo, quando Carlo aveva già costituito una fiorente corte, fu il tempo del risveglio culturale sostenuto dall’Imperatore, con la creazione delle Scholae presso la corte (la Schola palatina di Aquisgrana), le chiese episcopali e i monasteri benedettini (famose quelle di Fulda in Assia, San Gallo in Svizzera, Corbie e Tours in Francia), che favorirono la conservazione dei capolavori letterari dell’antichità, grazie al lavoro degli amanuensi che operavano negli scriptoria istituiti da Carlo, e la divulgazione della cultura, ma anche il suo approfondimento, in particolare in campo teologico. Anche i successori di Carlo, in particolare Carlo il Calvo, continueranno a favorire i dibattiti teologici.

Il regno di Carlo Magno fu caratterizzato dal profondo interesse dell’Imperatore per le vicende della Chiesa: egli contribuì, innanzi tutto, ad incrementare la cristianizzazione dell’Europa, sconfiggendo i Sassoni e guidando il percorso, anche violento, della loro conversione, che ebbe un momento cruciale nel battesimo del loro capo Widukindo nel 785. Sotto i suoi successori fu compiuta anche l’evangelizzazione di altre regioni dell’Europa: sant’Anscario da Corbie († 865) fu il promotore dell’evangelizzazione dei paesi scandinavi, mentre i fratelli san Cirillo († 885) e san Metodio († 869) si spinsero nei territori slavi.

Carlo, inoltre, si adoperò per la formalizzazione dell’organizzazione ecclesiastica europea, promuovendo l’erezione di nuove sedi vescovili anche tra i popoli neoconvertiti e confermando le donazioni dei suoi predecessori alla Chiesa, ma ottenne di controllare in qualche modo l’elezione dei vescovi e del papa; si assunse anche l’onere di convocare e dirigere Concili provinciali, intervenendo spesso anche nelle discussioni teologiche, come nella questione iconoclasta (a proposito dei canoni del Concilio di Nicea II del 787) e nella cristologia (facendo condannare dal Concilio di Francoforte del 794 le dottrine neoadozioniste di Elipando e Felice di Urgel).

Il IX secolo vide anche compiersi la penetrazione dell’Islamismo in Europa: dall’827 al 902 si consumò la conquista araba della Sicilia, ma, soprattutto, cominciarono a diffondersi gli scritti dei grandi pensatori musulmani come Al-Kindi (800-870 circa) e, nel secolo successivo, Al-Farabi (870 circa-950) e Avicenna (980-1037).

1.2. La mariologia carolingia

La riflessione teologica dell’epoca carolingia segna in Occidente il passaggio tra la meditazione patristica e la speculazione scolastica. Le affermazioni dei Padri, continuamente citati dagli autori del tempo, sono elaborate spesso in senso dialettico e l’indagine teologica si sofferma su elementi non ancora compiutamente esplorati della dottrina; ma soprattutto, sul piano metodologico, cominciano a diventare decisive le argomentazioni razionali, che saranno sempre più costitutive nella speculazione teologica dei secoli successivi.

Questo accade in particolare per la riflessione sulla Vergine. La comprensione del mistero della Madre di Dio – ma anche l’esperienza che i fedeli provano della sua presenza nel vissuto concreto – è profondamente segnata dal contesto e si presenta come una comprensione «inculturata». In particolare l’epoca carolingia la pone – sul modello della nascente struttura sociale di tipo piramidale – al vertice non solo delle creature sante, ma della stessa società imperiale e feudale. Così la riflessione teologica approfondisce soprattutto i temi – presenti in maniera sfumata nei secoli precedenti – che tendono a sottolineare il primato di Maria su tutte le creature, dalla sua concezione santa alla sua assunzione nella gloria celeste, ma deve anche tenere testa alle nuove letture riduttive del mistero dell’incarnazione, che producono la tendenza a penetrare con minore discrezione il mistero della Madre vergine di Gesù; nello stesso tempo la devozione, soprattutto quella animata dai nuovi centri monastici, tende ad essere regolata dalla liturgia, che proprio nell’età carolingia vede la prima grande riforma unificatrice in Occidente, dalla quale emerge la figura di Maria mediatrice ed interceditrice, oltre che protettrice e guaritrice degli uomini, mentre si moltiplicano le esperienze mistiche di percezione della presenza della madre di Gesù. Tutti questi temi sono stati analizzati da Irene Scaravelli, «Teologia e venerazione mariana nella cultura carolingia», in Theotokos 16 (2008), 2, 15-38.

Sulla mariologia carolingia cf. anche:

Sabbe, «Le cult marial et la genèse de la culture mèdièvale», in Revue belge d’Archéologie et d’histoire de l’art» 20 (1951) 101-125;

Scheffczyk, Das Marien­geheimnis im Lehre und Frömmigkeit der Karolingerzeit, Leipzig 1959 (l’opera più importante sull’argomento);

Iogna-Prat – É. Palazzo – D. Russo, Marie, Le culte de la Vierge dans la société médiévale, Beauchesne, Paris 1996. In questo volume compaiono diversi studi sul periodo in esame:

É. Palazzo – A. K. Johansson, «Jalons liturgiques pour une histoire du culte de la Vierge dans l’Occident latin (V-XI sec.)», 15-43;

Iogna-Prat «Le culte de la Vierge sous le régne de Charles le Chauve», 65-98;

Iogna-Prat, «La Vierge et les ordines de couronnement des reines au IX siecle», 102-107;

É. Palazzo, «Marie et l’élaboration d’un espace ecclésial au haut Moyen Âge», 313-325;

M.Goullet – D. Iogna-Prat, «La Vierge en majesté de Clermond-Ferrand»(sul testo scritto dopo il 984 del diacono Arnoldo sulla Visio monachi Rotberti), 383-405;

Lobrichon, «La femme d’Apocalypse12 dans l’exégèse du haut moyen âge latin (760-1200)», 407-439;

M. Goullet, «Hrotsvita de Ganderschein, Maria», 441-470;

C. Mimouni, «De l’Ascension du Christ à l’Assomption de la Vierge. Les “Transitus Mariae”: représentation ancienne set médievales», 471-509;

Gambero Maria nel pensiero dei teologi latini medievali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000 (per il periodo che ci riguarda sono analizzati: Alcuino, 61-68; Rabano Mauro, 69-78; Pascasio Radberto, 79-86; la riforma cluniacense, 97-104);

De Fiores, Maria, sintesi dei valori. Storia culturale della mariologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, 163-176 («Cap. VIII. Modello carolingio. Maria figura organizzatrice nel sistema cristiano»).

La mariologia dei singoli autori, inoltre è sintetizzata nelle rispettive voci del Marienlexicon.

Numerosi sono i teologi e i predicatori che hanno significativamente caratterizzato la riflessione mariana del IX secolo. Alla corte di Carlo Magno vissero per un tempo più o meno lungo Paolo Diacono, Alcuino e Paolino di Aquileia.

Di Paolo Warnefrido, detto Paolo Diacono († 799 circa), monaco di origine longobarda a Montecassino e poi alla corte di Carlo ad Aquisgrana, la rivista si è già occupata nel numero precedente (cf. F. Lepore, «La “mirabilis virgo” in Paolo Diacono. Spunti di riflessione mariana tra admiratio, imitatio, invocatio», in Theotokos 16 [2008] n. 1 231-243).

Alcuino di York (735-784), monaco benedettino irlandese, fu il massimo promotore della rinascita carolingia, che ebbe da Carlo Magno l’incarico, tra l’altro, di confutare l’eresia neoadozionista di Elipando e di Felice di Urgel su Cristo «soprannominato Dio» (Deus nuncupativus), che negava che la Vergine fosse genitrice del vero Figlio di Dio, ma solo del Figlio adottivo di Dio, cosa che fece nel Libellus adversus haeresim Felicis; fu anche invitato a sistemare la liturgia latina per i popoli franco-germanici e nel suo Liber sacramentorum (PL 101, 445-456) compare per la prima volta la messa di Santa Maria in sabato. Le sue opere sono in PL 100-101; i testi mariani in italiano in TMPM III, 759-762. Cf. anche B. Susnik, «Mariologia Alcuini respectu ad propagationem evangelicam aquileiensem», in De cultu mariano saeculis VI-XI, Roma 1972, III, 339-347.

Anche il vescovo Paolino di Aquileia (730-802, già maestro nella schola Palatina,  fu incaricato di contrastare l’eresia neoadozionista nel Libellus sacrosyllabus contra Elipandum (ed. A. Werminghoff, MGH Conc. 2, Hannover-Leipzig 1906, 130-142) e nei Contra Felicem libri tres (ed. D. Norberg, CC Cont. med. 95, Turnhout 1990); ma fu anche autore di intensi inni mariani. Cf.  P. Paschini, S. Paolino patriarca e la Chiesa Aquileiese alla fine del sec. VIII, Udine 1906; D. Norberg (ed.), L’oeuvre poétique de Paulin d’Aquilée, Stockholm 1979, XVI, 163-165. I testi mariani in italiano sono in TMPM III, 757-758.

Sulla questione del Deus nuncupativus e sul Concilio di Francoforte del 794, cf. L. F. Mateo Seco, «Adopcionismo hispánico y concilio de Frankfurt. (En la conmmemoración de su XII centenario)», in Anales Valentinos 20 (1994) 99-120.

Sulle preghiere e sulla liturgia mariana dell’epoca carolingia cf. anche G. Frénaud, «Marie et l’Église d’après les liturgies latines du VII au XI siècles», in Études Maria­les 9, 1951, 47-51; H. Barré, Prières anciennes de l’Occident à la Mère du Sauveur, des origines à saint Anselme, Paris 1963, 59-99.

La generazione successiva di teologi che si interessano di Maria, che operarono al tempo dei successori di Carlo Magno, comprende altri maestri delle scholae benedettine (da Fulda a Corbie a Sant’Amando).

Aimone di Halberstadt († 853), già maestro nella schola benedettina di Fulda e poi vescovo di Halberstadt, una delle prime sedi episcopali della Sassonia neoconvertita, fu autore di diverse omelie mariane (PL 118,760-770) e di un Commento al Magnificat (PL 118, 37-39). Cf. anche TMPM III, 763-767.

Rabano Mauro (784-856) fu discepolo di Alcuino alla schola di Tours e di Aimone di Halberstadt in quella di Fulda, della quale divenne abate; fu poi vescovo di Mainz (Magonza). La sua riflessione si sviluppa in senso biblico nei commentari e nelle omelie, ove moltiplica i titoli di ammirazione per la Vergine. Cf. le sue opere in PL 107-108; 110-112; MGH Poetae latini aevi carolini, II, 154-258; tra gli studi sulla sua devozione mariana cf. J. J. Bourassé, Summa aurea de laudibus beatae Virginis Mariae, VI, 203-222; J. Hunn, «Des Marienbild in den Schriften des Rabanus Maurus», in Scholastik 31 (1956), 512-532.

All’interno dell’abbazia benedettina di Corbie si consumò la controversia tra Ratramno († 875) e l’abate Pascasio Radberto († 865) sulle modalità del parto verginale di Maria. Di tale controversia si occupa Alfonso Langella, «La disputa tra Ratramno e Pascasio Radberto sulla verginità di Maria nel parto», in Theotokos 16 (2008), 2, 39-86, al quale si rimanda anche per la bibliografia. Pascasio fu anche autore di un’importante testo assunzionista, la Lettera Cogitis me, attribuita falsamente a san Girolamo (PL 30, 126-147; cf. l’edizione critica a cura di A. Ripberger, Der Pseudo-Hieronimus Brief IX “Cogitis me”. Ein erster marianischer Traktat des Mittelaltes von Paschasius Radbert, Spicilegium Friburgense 9, Freiburg (Schweitz) 1962, e quella dello stesso curatore in CCCM 56 C, Turnhout 1985).

Dal monastero benedettino di Sant’Amando, nelle Fiandre francesi, provengono invece le opere poetiche mariane di Milone di Saint-Amand e del nipote Ubaldo di Sant’Amando. Il primo è autore del Carmen de sobrietate, che comprende una lode alla Vergine (II, vv. 1-57, MGH Poetae latini aevi carolini, ed. Traube III, 645-647; TMPM III, 819); al secondo è attribuito l’inno O quam glorifica luce coruscas per l’assunzione (TMPM III, 839).

Alla corte di Ludovico il Pio, prima di diventare vescovo, Incmaro di Reims († 882) è autore di un corposo Carmen dogmaticum de beata Maria (MGH Poetae latini aevi carolini, ed. Traube III 3, 408-414; TMPM III, 824-825), in cui ritorna il motivo dell’esaltazione della singolarità di Maria.

All’epoca carolingia risale anche l’opera di Berengaudo, Expositio in Apocalypsin, che per la prima volta interpreta esplicitamente la donna di Ap 12 come la Vergine, oltre che come la Chiesa (PL 17, 960; TMPM  III, 840).

Paolo Diacono di Neapolis († 870), infine, tradusse in latino due testi dal greco, che ebbero una grande risonanza nella devozione popolare mariana del Medioevo: si tratta della  Vita Sanctae Mariae Aegyptiae (PL 73, 671-690) del VII secolo e, soprattutto del Miraculum Sanctae Mariae de Theophilo poenitente, auctore Eutychiano (Acta Sanctorum, Febr., die IV, 1658, 489-493; trad. ital. in TMPM, III, 816-818); cf. G. Roschini, Maria Santissima nella storia della salvezza. Trattato completa di mariologia alla luce del Concilio Vaticano II, vol. I. Pisani, Isola del Liri 1969, 357-358.

2. La venerazione mariana al tempo dell’anarchia feudale e dell’impero ottoniano

2.1. Il contesto storico

L’assenza di personalità capaci di raccogliere l’eredità carolingia dopo la morte di Carlo il Grosso, i cambiamenti sociali prodotti dal Capitolare di Quierzy, che rese definitivo lo scollamento tra i grandi feudatari e il potere centrale, le invasioni di nuovi popoli nei confini dell’Impero (Normanni, Slavi, Ungari, Saraceni), la decadenza del papato, determinarono un lungo periodo di crisi politica, sociale e culturale dell’Europa, il tempo dell’«anarchia feudale», che vide, tra l’altro, la nascita di diversi regni autonomi. La possibilità di ricostituire l’Impero si riaffacciò solo nel 962 con Ottone I di Sassonia (962-973), che fondò il Sacro Romano Impero germanico, limitato però al solo territorio tedesco e italico, governato in seguito dai suoi discendenti Ottone II (973-983), che su indicazione del padre aveva sposato al principessa bizantina Teofano (972) per ottenere il dominio sui possedimenti bizantini dell’Italia meridionale, e Ottone III (983-1002), che con  Gerberto di Aurillac (papa Silvestro II) si propose di dare avvio a un ambizioso, quanto vano, piano di renovatio imperii Romanorum.

Il nuovo Impero germanico si caratterizzò rispetto a quello carolingio per una maggiore tendenza a subordinare la Chiesa alla corona imperiale, soprattutto nell’elezione dei vescovi (col sistema dei vescovi-conti) e del papa: siamo in quello che fu chiamato per la Chiesa il saeculum obscurum – orientativamente compreso tra l’evento della morte violenta di papa Giovanni VIII (882) e l’elezione di papa Leone IX (1049) –, che vide una progressiva corruzione morale dell’istituzione, fino alla compravendita delle cariche ecclesiastiche, e la lotta tra le famiglie patrizie romane per l’elezione dei numerosissimi papi.

A questa crisi morale risposero le istanze di rinnovamento spirituale, che partirono specialmente dalla riforma del monastero benedettino di Cluny, in Borgogna, fondato nel 909 da Bernone, abate di Baume, e che ebbe grande espansione nel X secolo per opera dell’abate Odone (927-942).

2.2. La mariologia del X secolo

Se il saeculum obscurum si illumina grazie all’opera dei monaci di Cluny, anche la riflessione sulla Vergine ne trova giovamento. La spiritualità cluniacense, rigida ma aperta agli elementi popolari della fede, anima una profonda venerazione e fiducia nella Vergine, che si rivela nella diffusione del titolo di «madre di misericordia» e nella sottolineatura della sovranità della Regina del Cielo; la religiosità popolare, inoltre, viene edificata dalla ripresa delle raccolte di narrazioni dei miracoli compiuti dalla Vergine (genere letterario “inventato” nel VI secolo da Gregorio di Tours). Su questi argomenti si sofferma l’articolo di Emanuele Boaga, «La Vergine Maria nel movimento monastico occidentale dei secoli IX e X», in Theotokos 16 (2008), 2, 87-96.

Tra i grandi esponenti della devozione mariana del periodo, pertanto, occorre menzionare due grandi abati di Cluny: Oddone, secondo abate del monastero († 942/3), di cui il biografo Giovanni da Salerno riferisce che in alcune occasioni si rivolgesse a Maria col titolo, ancora inedito in Occidente, di Mater misericordiae (cf. TMPM III, 841-842; P. Cousin, «La dévotion mariale chez les grands Abbés de Cluny», in A Cluny. Congrès scientiphique, Dijon 1950, 212-218; G. Roschini, «L’origine e il primo sviluppo del titolo e del culto della Mater misericordiae (sec. IX-X)», in De cultu mariano saeculis VI-XI, Roma 1972, IV, 473-486) e Odilone († 1049), quinto abate del monastero benedettino riformato, che visse e diffuse l’atto di consacrazione e di “servitù” alla Vergine (cf. TMPM III, 862-867; O. Ringholz, S. Odilo, der grosse Marienverehrer, Einsiedeln 1922; G. Bavaud, «La dévotion de saint Odilon à la Vierge Marie», in De cultu mariano saeculis VI-XI, Roma 1972, III, 571-582; cf. anche D. Iogna-Prat, «Politische Aspekte der Marienverehrung in Cluny um das 1000», in Maria in der Welt. Marienverehrung im Kontest der Sozialgeschichte 10-18 Jahrhundert, ed. C. Opitz et al., Chronos, Zürich 1993, 243-251).

Nel X secolo, inoltre, si segnalano Gerardo di Soissons († 943), autore di un Inno alla Vergine, inserito nella biografia in versi di san Romano, vescovo di Rouen (PL 138, 178; cf. TMPM III, 843); il vescovo Attone di Vercelli († 961), autore di interessanti omelie mariane (cf. TMPM III, 844-845; E. Pasteris, Attone di Vercelli, ossia il più grande vescovo e scrittore italiano del sec. X. Vita, opere, prose ritmiche, Milano 1925; Omelie, Qiqajon 1986, 83-85); la grande monaca scrittrice Rosvita di Gandersheim († dopo il 973), autrice di leggende agiografiche e drammi in prosa rimata su temi religiosi, in cui la Vergine appare spesso protagonista (cf. M. Goullet, «Hrotsvita de Ganderschein, Maria», in D. Iogna-Prat – É. Palazzo – D. Russo, Marie, Le culte de la Vierge dans la société médiévale, Beauchesne, Paris 1996, 441-470).

3. La mariologia delle Chiese orientali nei secoli IX e X

Anche l’Oriente bizantino non vive momenti facili: la storia dei secoli IX e X è caratterizzata dalle lotte continue contro le incursioni arabe in Anatolia e quelle degli Slavi e dei Bulgari nei Balcani, respinti rispettivamente dagli imperatori Basilio I (che regnò dall’867 all’886) e Basilio II (che regnò dal 976 al 1025), mentre sul piano ecclesiale emergono lo sviluppo dell’iconografia, dopo la crisi iconoclasta conclusasi ufficialmente nel 787 con il Concilio di Nicea II, e le prime serie schermaglie con il mondo Occidentale. La creazione dell’Impero carolingio, infatti, che pure nell’812 era stato formalmente riconosciuto dall’Impero bizantino (fino ad allora unico erede dell’Impero romano), doveva accentuare i già presenti attriti tra Roma e Bisanzio, che si manifestarono esplicitamente nel IX secolo, sotto il papato di Niccolo I (858-867) con lo scisma di Fozio, patriarca di Costantinopoli (867), scisma motivato anche da atti unilaterali dei cattolici, come la tendenza – sotto la pressione dei carolingi – a favorire l’introduzione del Filioque nella professione di fede a proposito della processione dello Spirito santo e le pretese dei papi sui patriarchi orientali. Lo scisma, provvisoriamente rientrato sotto Giovanni VIII (872-882), divenne definitivo nel 1054, quando il patriarca di Costantinopoli e il papa si scomunicarono reciprocamente.

Le questioni politiche e teologiche che in questo periodo determinarono il progressivo allontanamento tra cristiani d’Oriente e d’Occidente, tuttavia, non intaccarono minimamente il comune sentire mariano; benché la teologia orientale non evolse – al contrario della teologia carolingia – verso una metodologia più speculativa, mantenendo fede ai dettati spirituali dei grandi Padri dei secoli precedenti, sul piano dei contenuti i grandi autori bizantini, come quelli delle altre Chiese orientali, concordavano con i latini sul primato della Vergine tra le creature, sull’affermazione della sua santità totale e della sua glorificazione anticipata, sul suo potere di mediazione e sulla sua presenza nella vita dei fedeli e dei popoli. Lo stesso patriarca di Costantinopoli Fozio († 897) scrisse intense omelie in lode della madre di Gesù nei vari momenti della sua esistenza, oltre a riferirsi continuamente a lei in altri suoi scritti, senza distaccarsi mai dalla comune tradizione mariana (cf. TMPM II, 816-870).

Per la Chiesa bizantina tra gli altri grandi autori del IX e del X secolo che hanno meditato sulla madre di Dio emerge Teodoro Studita († 826), protagonista della controversia sulle immagini e riformatore del monachesimo orientale, che riportò in auge il grande monastero di Studion, a Costantinopoli, trasformandolo in un ricco centro teologico e spirituale: tra le sue importanti opere (PG 99) egli scrisse diverse omelie mariane (cf. TMPM II, 638-6658), concentrandosi soprattutto sulla natività e sulla Dormitio di Maria.

Altri omileti e innografi della Chiesa bizantina del IX secolo, nei cui scritti sono presenti interessanti riferimenti alla Vergine, furono Tarasio di Costantinopoli († 806; cf. TMPM II, 625-637), Giuseppe Studita († 832; cf. TMPM II, 669-676); Teofane Grapto († 845; cf. TMPM II, 677-685); Teognosto Monaco († 871; cf. TMPM II, 688-695); Giuseppe l’Innografo († 886; cf. TMPM II, 696-725); Pietro Siculo (cf. TMPM II, 726-735); Niceta bizantino (cf. TMPM II, 736-740), che menziona la visione cristiana della figura di Maria in una Confutazione del libro falso dell’arabo Maometto; Giorgio di Nicomedia (cf. TMPM II, 741-781); le monache Cassia (cf. TMPM II, 800-801) e Tecla (cf. TMPM II, 802-806); Teostericto Studita (cf. TMPM II, 807-809); Metrofane di Smirne (cf. TMPM II, 810-815); Leone Magistro (cf. TMPM II, 871); Niceta David di Paflagonia (cf. TMPM II, 872-886); Eutimio Sincello († 917; cf. TMPM II, 911-925); Pietro di Argo († dopo il 922; cf. TMPM II, 926-945); Giovanni il Geometra (cf. TMPM II, 951-971); Gabriele Innografo (cf. TMPM II, 972-974); Paolo di Amorio (cf. TMPM II, 975-978); Simeone Metafraste († 1000; cf. TMPM II, 979-1029), autore di una Vita di Maria; Oreste Monaco († 1006; cf. TMPM II, 1030-1031); Simeone il Nuovo Teologo († 1022; cf. cf. TMPM II, 1032-1041).

Anche alcuni imperatori, come Leone VI il Saggio († 912; cf. TMPM II, 887-910), Costantino VII Porfirogenito († 959; cf. TMPM II, 946-951) e Basilio II Porfirogenito († 1025) formularono profondi pensieri mariani, soprattutto all’interno delle riforme liturgiche da essi promossse.

Tra i grandi autori mariani bizantini si segnala anche Epifanio Monaco (cf. TMPM II, 782-299), che, tra l’altro, propone nel suo Discorso sulla vita di Maria il ritratto corporeo della Vergine: la sua opera mariana è oggetto dello studio di Francesco Lepore, «Maria nella fede delle Chiesa bizantina dei secc. IX-X: Epifanio Monaco», in Theotokos 16 (2008), 2, 97-114. Agli influssi greci si deve anche l’introduzione in Occidente della festa della Concezione della Vergine, la cui prima testimonianza è a Napoli ed è analizzata, tra gli altri, da Ugo Dovere, «Le feste mariane nel  Calendario  marmoreo  napoletano» in Theotokos 16 (2008), 2, 171-182.

Anche le altre Chiese orientali conservano in questi secoli – spesso segnati dalle guerre contro gli Arabi – la loro venerazione mariana. In particolare la Chiesa armena, che dopo il Concilio di Calcedonia del 451 aveva assunto una posizione monofisita, staccandosi dalla comunione ortodossa, trova nel X secolo il suo massimo cantore di Maria in Gregorio di Narek († 1010), autore di un Discorso panegirico alla beata Vergine e di una splendida preghiera inserita nel Libro delle lamentazioni: di lui si occupa  Boghos Zekiyan, «La Madre di Dio nel pensiero del teologo e mistico armeno san Gregorio di Narek», in Theotokos 16 (2008), 2, 115-140.

4. Maria nell’arte carolingia e ottoniana

L’arte dei secoli IX e X, quella propriamente legata alla rinascita carolingia, soprattutto, si dispiega soprattutto nell’architettura, con la tendenza a recuperare, superando le infiltrazioni arabe e le manifestazioni della decadenza barbarica, i valori e le forme della tarda civiltà romana, mente della pittura e scultura restano scarse testimonianze, al contrario di ciò che accade per la ricca produzione anonima miniaturistica e di mosaici, oltre che di manufatti di avorio. Micaela Soranzo,  «L’iconografia  di Maria fra il IX e il X secolo», in Theotokos 16 (2008), 2, 141-170, descrive numerose opere mariane del tempo: si tratta proprio, per la maggior parte di opere di quelle arti minori sopra citate, oltre che, in particolare, dei cicli di affreschi della chiesa di Santa Maria foris portas, a Castelseprio (VA) e dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno (Is), entrambi del IX sec. Anche l’arte rivela una percezione “inculturata” della figura della Vergine da parte dei cristiani dell’epoca: la Vergine, infatti, appare sempre più rivestita dei caratteri regali che la contraddistinguono, sul modello dei sovrani dell’Impero. Cf. anche P. Corbet, «Les impératrices ottoniennes et le modèle marial: autour de l’ivoire du Château Sforza de Milan», in  D. Iogna-Prat – É. Palazzo – D. Russo, Marie, Le culte de la Vierge dans la société médiévale, Beauchesne, Paris 1996, 109-135.

La mariologia nel contesto dei secoli IX-X 2008

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